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IL NOSTALGICO: Karl Marx, uno dei filosofi più influenti del Novecento

di ANTONIO RAIMONDI

Buona sera amici e amiche di Radio Salerno Village e Paperboy, oggi per Il Nostalgico rammentiamo la personalità cardine del moderno pensiero filosofico umano a 139 anni dalla sua scomparsa:

KARL HEINRICH MARX

(Treviri, 5 maggio 1818 – Londra, 14 marzo 1883)
filosofo, economista, storico, sociologo, politologo, giornalista e politico tedesco.

Nato in una famiglia di origine ebrea relativamente agiata della classe media, Marx studiò all’Università di Bonn e all’Università Humboldt di Berlino, iniziando a interessarsi alle opinioni filosofiche dei giovani hegeliani.
Dopo la laurea contribuì alla “Gazzetta renana”, giornale radicale di Colonia.
Trasferitosi a Parigi nel 1843, continuò a lavorare per diversi giornali radicali e incontrò importanti amici e sostenitori, tra cui Friedrich Engels, con cui pubblicò il “Manifesto del Partito Comunista” nel 1848.
Esiliato dalla Francia nel 1849 a causa delle sue idee politiche e per il suo supporto ai moti del 1848, Marx si trasferì con la moglie Jenny von Westphalen e i figli prima a Bruxelles e poi a Londra.
Qui continuò a lavorare come giornalista per il giornale anglo-americano “New York Tribune” e ad approfondire i suoi studi sull’economia politica, arrivando così a elaborare la sua teoria economica che avrebbe dovuto essere esposta ne “Il Capitale”, di cui Marx riuscì a pubblicare solamente il primo volume nel 1867.
I successivi due volumi sarebbero stati pubblicati postumi da Engels (1885 e 1894) e la versione completa delle “Teorie del plusvalore” da Karl Kautsky (1905-1910).

Negli anni ’40 il giovane Marx scrisse:
la tesi di dottorato “La differenza tra la filosofia della natura di Democrito e quella di Epicuro” (1841),
“Il manifesto filosofico della Scuola storica del diritto” (1842),
“Per la critica della filosofia del diritto di Hegel” (1843),
“Sulla questione ebraica” (1844),
“Note su James Mill” (1844),
i “Manoscritti economico-filosofici” (1844),
“La sacra famiglia” (scritta insieme a Engels) (1845),
le “Tesi su Feuerbach” (1845),
“L’ideologia tedesca” (scritta insieme a Engels) (1846),
“Miseria della filosofia” (1847) e
“Lavoro salariato e capitale” (1848),
oltre al “Manifesto del Partito Comunista” (1848), libello scritto assieme al sodale Engels fra il 1847 e il 1848 e commissionato dalla Lega dei Comunisti, di cui faceva parte, per esprimere il loro progetto politico.
Di queste opere solo alcune furono pubblicate in vita.
Gli anni ’50 videro la pubblicazione de:
“Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850” (1850),
“Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte” (1852),
i “Grundrisse” (1857) e
“Per la critica dell’economia politica” (1859).
Gli anni ’60 videro il Marx maturo impegnato negli scritti
sulla guerra civile americana (1861-1865),
sui tre volumi delle “Teorie del plusvalore” (1862),
sul “Salario, prezzo e profitto” (1865) e
sul primo volume de “Il Capitale” (1867).
Gli ultimi anni della vita di Marx videro la pubblicazione de
“La guerra civile in Francia” (1871),
la “Critica del Programma di Gotha” (1875) e
le “Note su Adolph Wagner” (1883).

Partecipò attivamente anche al movimento operaio e presto divenne una figura importante nella Prima Internazionale (1864-1876) fino alla sua morte.
Il suo pensiero, incentrato sulla critica in chiave materialista dell’economia, della società, della politica e della cultura capitalistiche, esercitò un peso decisivo sulla nascita delle ideologie socialiste e comuniste, dalla seconda metà del XIX secolo in poi, dando vita alla corrente socioeconomico politica del marxismo.
Teorico della concezione materialistica della storia e insieme a Engels del socialismo scientifico, Marx è considerato tra i pensatori maggiormente influenti sul piano politico, filosofico ed economico dell’Ottocento e del Novecento, nonché di tutta la storia dell’umanità.

*CRITICHE AL MARXISMO*

Presentandosi come socialismo scientifico in forma di scienza che abbia scoperto le leggi del divenire storico, ma anche come ideologia che prospetta tale divenire orientato verso un fine, il marxismo ha ricevuto su questo punto le critiche di diversi studiosi e filosofi, fra cui Hans Kelsen, Max Weber e Karl Popper, i quali gli contestarono di avere mescolato e contaminato in tal modo senza avvedersene scienza e ideologia.

A differenza del socialismo utopistico, il quale contrappone l’ideale alla realtà, il marxismo pretende infatti di essere una descrizione oggettiva e moralmente indifferente del modo in cui procederebbe lo sviluppo della storia.
Al tempo stesso però questo sviluppo storico sarebbe chiamato a produrre un fine e a realizzare un valore, ossia la società «dei liberi e degli uguali».
È così che il marxismo pretende di dedurre da un’analisi scientifica basata su un’evoluzione necessaria delle cose una condizione finale che esso stesso prospetta come un salto dal regno della necessità in quello della libertà.

Secondo Kelsen la storia viene ricondotta a un valore finale non certo perché la scienza sia effettivamente in grado di darci degli ideali, ma solo perché questi sono stati subdolamente proiettati nella realtà, affermando che «il socialismo scientifico di Marx è una scienza sociale, il cui scopo non è solo di concepire e descrivere la realtà sociale quale effettivamente è, senza valutarla, bensì al contrario di giudicarla secondo un valore che è presupposto a questa scienza ma proiettato ingannevolmente nella realtà sociale, allo scopo di conformarla al valore presupposto».
La critica non è dissimile da quella esercitata da Max Weber e a sua volta riportata da Karl Löwith, il quale osserva che «nel marxismo, in quanto socialismo scientifico, Weber non avversa il fatto che esso in genere si regga su ideali scientificamente indimostrabili, ma che dia alla soggettività dei suoi presupposti fondamentali l’apparenza di una validità oggettiva e universale, confondendo l’una con l’altra e restando, nelle sue intenzioni scientifiche, prevenuto dai propri giudizi di valore e dai propri pregiudizi».

Critiche alla presunta scientificità del marxismo sono venute anche da Karl Popper, secondo cui Marx e Engels, sovrapponendo ingannevolmente un corso finalistico alle maglie del corso causale degli eventi e atteggiandosi così a falsi profeti, hanno ignorato la distinzione tra fatti e valori, tra cause e fini etici.

Il marxismo si configurerebbe quindi non come una scienza, ma come una pseudoscienza e un’ideologia. A parte queste considerazioni va detto che il marxismo stimola una riflessione sulla conoscenza scientifica soprattutto laddove esso diviene un metodo di analisi della realtà storico-sociale, così come si è venuto affermando nella trattazione marxiana del processo di indagine del mondo oggettivo, cioè nell’esame che Marx compie della storia, che è l’unica scienza possibile e accettata dal punto di vista analitico.
La validità di questa considerazione della storia si trova nella stessa critica che Marx compie dell’economia politica classica, quella di Adam Smith e David Ricardo, quando egli rileva il carattere accademico di quest’ultima proprio di fronte alla forza di una disciplina rivoluzionaria, cioè dinanzi al materialismo storico.

È proprio quest’ultimo e non la scienza borghese a svelare le contraddizioni del mondo oggettivo e la vera natura del capitalismo.

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