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“Il fine vita”: profili giuridici, etici e clinici…

di ALESSIA TROVATO

L’evento organizzato dall’associazione FIDAPA sez. Barcellona in collaborazione con l’ordine degli avvocati della città del Longano.

Un dibattito sempre acceso, Dj Fabo un giovane come tanti. Amava sia la vita che viaggiare, Fabio Antonini il suo nome all’anagrafe, si era diplomato come geometra, aveva lavorato in un team di moto per questo motivo aveva deciso di abbandonare le sue radici per inseguire il suo sogno quello di diventare un dj celebre. Ci riesce. Infatti successivamente, si trasferirà in India insieme alla fidanzata Valeria. Poi un giorno tutto cambiò : Era il 2014 quando mentre rientrava da una discoteca, la sua auto, mentre stava prendendo il cellulare che gli era sfuggito dalle mani, si scontra con un’altra automobile, l’urto è talmente violento che viene sbalzato dall’altra parte dell’abitacolo finendo sull’asfalto.

A causa dell’incidente rimarrà cieco e tetraplegico per sempre. Al momento dell’incidente non indossava la cintura di sicurezza. Un calvario durato tre anni pieno di sofferenza e di impotenza, questo è il sentimento che immagino ha provato la famiglia. Nel 2017, la decisione del DJ di farsi accompagnare in una clinica Svizzera per morire attraverso il suicidio assistito. Contatta Marco Cappato, esponente di spicco dell’associazione Luca Coscioni, il quale, insieme ad alcuni amici alla mamma e alla fidanzata decide di acconsentire e partire insieme a Lui, per l’ultimo “ viaggio”.

Fino all’ultimo scherzava Fabio, come ha raccontato lo stesso Cappato nell’intervista rilasciata al sito ANSA.it, ed ha aggiunto anche, che dj Fabo temeva di non farcela a premere il pulsante che gli avrebbe permesso” di raggiungere il regno dei cieli”. Il musicista e DJ memore dell’esperienza vissuta lancia un messaggio che consideriamo il suo testamento rivolto a tutti i suoi coetanei, e non solo : ” Indossate la cintura sempre.” Qualche giorno dopo, Cappato, esponente della suddetta struttura, rientrato nel nostro paese, si reca dai carabinieri per autodenunciarsi e sarà accusato di aiuto all’omicidio assistito e poi assolto dalla Corte di Cassazione perché il fatto non sussiste. Un racconto emblematico che ci consente di riflettere su una tematica trattata dai telegiornali e dai Format televisivi che dal 2007 si interrogano continuamente se sia giusto o meno “staccare la spina.”

Questo dibattito, affrontato anche nel convegno dal titolo :” il fine vita” profili giuridici etici e clinici”, organizzato lo scorso sabato 11 febbraio presso la sala conferenze auditorium Parco Maggiore Giuseppe La Rosa di Barcellona Pozzo di gotto. L’evento organizzato dalla F. I. D. A P._A(ASSOCIAZIONE fondata nel 1945 da Maria Castellani, nata a Milano nel 1896 professione docente di matematica. La suddetta realtà, composta interamente da donne operanti sia sul territorio nazionale che internazionale si prefigge le seguenti finalità : promuovere, coordinare e sostenere, iniziative atte a valorizzare l’impegno proficuo del genere femminile nel campo delle Arti, delle Professioni e degli Affari, autonomamente o in collaborazione con altri Enti, Associazioni ed altri soggetti. Questo ente è denominato:” movimento di opinione” la sede distaccata e l’organizzazione no profit fondata nel 1975 nella città del Longano, ha ospitato la conferenza, l’apertura dei lavori affidata all’attuale presidente della stessa la dottoressa Adriana Cicirella che ha affermato: ” Buonasera a tutti benvenuti a questo convegno fortemente voluto da me ringrazio la stampa presente, ringrazio l’associazione dell’ordine degli avvocati, che ha deciso di sposare la nostra idea.

Noi, come associazione Fidapa, avevamo già trattato questo argomento nel 2007, quando ancora non era stata approvata la legge dopo la morte di PierGiorgio Welby, avvenuta a dicembre del 2006. Successivamente nel 2007 venivo nominata socia e scelta come relatrice in collaborazione con Masina Genovese, la quale assumeva la carica di presidente proprio in quell’anno. Decidemmo di organizzare il primo tavolo di confronto sull’argomento dal titolo: “Dal testamento biologico al consenso informato.”

Già all’epoca dei fatti si assistette ad un dibattito molto aspro perché alcune persone pensavano che si trattasse di accanimento terapeutico, altre si appellavano al principio di autodeterminazione, altre ancora parlarono di rinuncia alle cure palliative. Vennero sostenute tante tesi che oggi cercheremo di chiarire in modo semplice e diretto. Un parterre prestigioso, che ha visto la partecipazione di molti volti noti, il direttore sanitario dell’Asp di Messina , dott. Domenico Sindoni, il professore Calogero Sottile, la professoressa Marianna Gensabella (presidente della associazione di bioetica), la dottoressa Margherita Scibilia, a rappresentare l’amministrazione comunale l’Ass. Roberto Molino e la presidente dell’ordine forense di Barcellona avv. Mara Correnti, la quale, intervenendo sull’argomento ha espresso il suo parere favorevole alla legge sul suicidio assistito. Il Professore di diritto Calogero Sottile, presso l’Università degli studi di Messina, ha esaminato con particolare attenzione gli articoli della legge 1 e 8, soffermandosi in particolare sull’art.32 legge 219/2017 che recita: il suicidio medicalmente assistito in determinati casi e la sospensione delle cure – intesa come eutanasia passiva – costituisce un diritto inviolabile. Sostenendo che in base a quanto riportato dall’articolo, un paziente deve essere informato delle sue condizioni di salute ed ha il diritto di rinunciare alle cure anche se il medico consiglia fortemente di proseguire il trattamento.

La Professoressa Gensabella citando Dj Fabo, ha ricordato il suo messaggio come un esempio di vita ed inoltre ha menzionato uno dei più grandi luminari in campo bioetico che anche l’Università di Messina ha avuto l’onore ed il privilegio di ospitare, inoltre ha sottolineato quanto sia importante per un paziente in fase terminale l’aspetto umano correlato da gesti confortanti per far affrontare il momento più complicato della sua esistenza in modo il più sereno possibile. A conclusione del convegno, alla mia domanda rivolta al Professore Sottile: che cosa cambierebbe dell’art. 32? La sua risposta è sinteticamente racchiusa nella frase “non cambierei nulla”. Una testimonianza toccante quella di un infermiera impiegata all’interno di un Ospedale: Ho dovuto assistere una donna affetta da tumore, che pochi giorni prima di morire, alla mia domanda se avessi potuto aiutarla in qualche modo, oltre le mie mansioni ordinarie, mi ha chiesto se potessi staccare tutto per donarle un ultimo abbraccio. Nonostante i dibattiti, i convegni, gli studi e le argomentazioni sull’eutanasia, noi comuni mortali continuiamo ad avere molti interrogativi e punti oscuri.

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