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150 anni fa nasceva don Luigi Sturzo, padre del popolarismo

di Antonio Raimondi

Oggi per Il Nostalgico celebriamo la nascita 150 anni fa di un uomo che ha avuto un influenza significativa per la vita politica dell’Italia.

Don Luigi Sturzo, nato a Caltagirone nel 1871, nel 1919 fonda il Partito Popolare Italiano (predecessore della Democrazia Cristiana),del quale divenne segretario politico fino al 1923. Il 18 gennaio 1919 si compie ciò che a molti è apparso l’evento politico più significativo dall’unità d’Italia: dall’albergo Santa Chiara di Roma, don Sturzo lancia “l’Appello ai Liberi e Forti”, carta istitutiva del Partito Popolare Italiano: «A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme propugnano nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà»

Nello stesso anno, infine, esce a Roma Il Popolo Nuovo, organo settimanale del neonato partito. Don Sturzo rende il Partito Popolare Italiano una formazione molto influente nella politica italiana. Al IV Congresso del Partito Popolare (Torino, 12-14 aprile 1923), Luigi Sturzo, sostenuto dalla sinistra di Francesco Luigi Ferrari e di Luigi e Girolamo Meda, fece prevalere la tesi dell’incompatibilità fra la concezione “popolare” dello Stato e quella totalitaria del fascismo.

La posizione assunta da Sturzo al IV congresso aveva offerto il destro a Mussolini per duri attacchi contro il PPI. Il capo del Fascismo colse l’occasione anche per dare inizio a una dura campagna contro il “sinistro prete”: presentando Sturzo come un ostacolo alla soluzione della questione romana, Mussolini fece anche in modo che Sturzo perdesse l’appoggio delle gerarchie vaticane. Alla fine di questa campagna, il 10 luglio il prete di Caltagirone fu costretto a dimettersi da segretario del partito.

Luigi Sturzo decise di lasciare gli incarichi nel partito e si rifugiò dal 1924 al 1940 prima a Londra, poi a Parigi ed infine a New York.  A Londra animò diversi gruppi politici di italiani fuoriusciti e di cattolici europei fondando il People and Freedom Group. Dopo lo sbarco alleato in Sicilia nel luglio 1943 riprese i contatti con gli esponenti cattolici siciliani, come Paola Tocco Verduci, fondatrice in Sicilia del Movimento Femminile D.C. e prima donna membro di un Governo in Italia pur se regionale (Regione siciliana), inoltre fu tra i sostenitori della concessione dell’autonomia speciale alla Sicilia.

Dopo il referendum tra monarchia e repubblica ritornò in Italia, sbarcando a Napoli il 5 settembre 1946. Fu il primo a sollevare il problema della “questione morale” pubblicando già nel novembre 1946 su L’Italia un articolo dal titolo: “Moralizziamo la vita pubblica”. Continuò poi questa sua battaglia su Il Giornale d’Italia parlando delle tre “male bestie” che infettavano il sistema italiano: la partitocrazia, lo statalismo e l’abuso del denaro pubblico. Fu contrario all’idea dello Stato imprenditore facendo una netta distinzione tra Stato e statalismo:

“Lo Stato è un ordine necessario al vivere civile, lo statalismo è il distruttore di ogni ordine istituzionale e di ogni morale amministrativa”. Difese la libera iniziativa e la cultura del rischio contro lo Stato paternalista: “Lo Stato deve facilitare e integrare l’iniziativa privata, non sostituirla al punto di paralizzarne la funzione”.

E fu il primo a parlare di “democrazia imperfetta” quando, dopo le elezioni del 1948, De Gasperi andò a trovarlo per comunicargli il successo democristiano. Democrazia imperfetta perché senza regolare alternativa per il buon governo dell’Italia. Pur riprendendo una vita politica attiva, non aderì formalmente alla Democrazia Cristiana e non svolse un ruolo dominante nella scena politica italiana, preferendo accettare nell’agosto 1947 la nomina dell’Assemblea regionale siciliana che lo elesse giudice dell’Alta Corte per la Regione siciliana.

Il 17 dicembre del 1951 il consiglio comunale di Siracusa gli conferì, con un voto unanime raro in piena Guerra fredda, la cittadinanza onoraria, riconoscendo l’importanza della sua lotta per la libertà.

Rimase giudice dell’Alta Corte fino al 17 settembre 1952, quando fu nominato senatore a vita dal presidente della Repubblica Luigi Einaudi. Sturzo accettò la nomina, aderendo al gruppo misto, solo dopo aver ricevuto la dispensa da Pio XII.  Nel marzo 1959 pubblicò sul Il Giornale d’Italia “Appello ai Siciliani”, uno dei primi testi a parlare esplicitamente dei mafiosi (l’Appello ha dato il titolo anche a una sua raccolta postuma di articoli).

Morì a Roma l’8 agosto 1959 all’età di ottantasette anni; è sepolto nella chiesa del Santissimo Salvatore a Caltagirone, dove la salma è stata traslata il 3 giugno 1962. A 40 anni dalla sua morte il comune di Caltagirone pose nella Scalea del Palazzo Municipale una lapide in memoria di Luigi Sturzo.

Il pensiero sociale di Luigi Sturzo si innesta in gran parte con la sua vocazione di incrementare il rapporto tra l’azione politica e la visione teoretica di una realtà che risulta essere, infine, oggetto di organizzazioni storico-sociali che rendano conto dell’agire individuale e che, in gran parte, riescano a comprenderlo in modo da farne rispecchiare la natura e l’identità.

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