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Miyazaki racconta Conan ed un futuro tra guerre e speranze

di Sara Lepore

L’artista giapponese Hayao Miyazaki, prima che venissero creati i classici come “Il mio vicino Totoro” e “Principessa Mononoke” e in una fase che ha preceduto la creazione dello studio d’animazione giapponese, ha iniziato con una piccola serie tv, che ha avuto un gran successo. Chi oggi ha pochi capelli sulla testa e tanti anni sulla carta d’identità non può non ricordare “Conan Ragazzo del Futuro”, capolavoro post-apocalittico di 26 episodi, che ha segnato il debutto dell’autore come regista solista nel 1978. Da non dimenticare che la serie di Miyazaki prende spunto dal romanzo per ragazzi “The incredible Tide” di Alexander Key del 1970.

La trama: negli anni 2028-2030 la Terra è stata completamente distrutta da bombe elettromagnetiche durante la Terza Guerra Mondiale. I continenti sono scomparsi, il pianeta è in rovina e gli esseri umani rimasti vivono su piccole isole.

Una di queste è L’Isola Perduta, dove un bambino di nome Conan vive con il nonno. I due pensano di essere gli ultimi sopravvissuti fino a che non arriva Lana, una bambina dell’età di Conan in fuga da un’altra Isola, la pacifica High Harbor.

Lana ha alle calcagna Indastria, aggressiva società industriale che si dedica al furto di risorse. La bambina è ricercata perché suo nonno è l’unico che sa come accedere a un sofisticato sistema di energia solare orbitale e, dunque, può riavviare l’approvvigionamento energetico mondiale… ma non vuole farlo! Purtroppo Lana viene rapita dagli scagnozzi di Indastria, che uccidono il nonno di Conan. Quest’ultimo si imbarca in una selvaggia missione oceanica per salvare l’amica e mettere fine alla tirannia.

Di Conan mi è piaciuto in particolare la prima fase della storia quando lui vive in solitudine con il nonno, credendo di essere da soli nel mondo.

 

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